Medioevo a colori
Sono tra i cicli più importanti del nord Italia. Sono i meravigliosi affreschi trecenteschi della chiesa di Sant’Abbondio. Per immergerci in tanta bellezza ci incamminiamo attraverso le vie del centro storico di Como fino a uscire dalle mura imponenti che già nel I secolo a.C
Sono tra i cicli più importanti del nord Italia. Sono i meravigliosi affreschi trecenteschi della chiesa di Sant’Abbondio. Per immergerci in tanta bellezza ci incamminiamo attraverso le vie del centro storico di Como fino a uscire dalle mura imponenti che già nel I secolo a.C. circondavano la città, e la prima cinta muraria fu costruita per volontà di Giulio Cesare. Pochi minuti e siamo di fronte a una magnifica chiesa romanica. E siamo di fronte a un capolavoro. Ad accompagnarci alla sua scoperta è Marco Carminati, storico dell’arte e responsabile del Domenicale, supplemento culturale de Il Sole 24 Ore.
Una chiesa così importante fuori dalle mura della città. Come mai?
Marco Carminati: La magnifica chiesa di Sant’Abbondio non è un caso isolato, anzi nei primi secoli della storia cristiana questa era la regola. Il cristianesimo esordisce così, lontano dal centro del potere pagano. Deve distinguersi, deve indicare un nuovo cammino. Così a Roma San Pietro sorge fuori dalle mura della città, e lo stesso vale per la basilica di San Paolo. La chiesa di Sant’Abbondio, il monumento più famoso della cultura comacina medioevale, non sfugge a questa regola e nasce lontano dalle vestigia della civiltà romana.
In quale momento della storia siamo?
M.C. Siamo in momenti diversi della storia come spesso succede nell’arte italiana. Il primo nucleo di questa chiesa risale al V secolo, ma è solo nell’818 che viene dedicata al vescovo Abbondio, già santo e poi patrono della città. Due secoli dopo, nel 1013, il vescovo Alberico trasferisce la cattedrale dentro le mura, e il vecchio complesso viene affidato ai monaci benedettini, che tra il 1050 e il 1095 lo ricostruiscono in stile romanico. Conosciamo la data di consacrazione, il 1095, e sappiamo che alla cerimonia partecipa il papa Urbano II. Dunque la chiesa di Sant’Abbondio doveva essere un centro di grandissimo prestigio.
Ma che ruolo hanno avuto i benedettini?
M.C. Nel fatidico anno Mille i benedettini erano un ordine molto importante e avevano contatti in tutta Europa, contatti che spiegano come mai questa chiesa non sia solo un capolavoro dell’architettura comacina, ma presenti elementi della tradizione nordica, primo fra tutti lo slancio verso l’alto. Parliamo di un rialzo di ben due ordini, altezza che permetterà l’“estensione” del ciclo di affreschi. Accanto a queste novità, nelle quali inseriamo anche la doppia torre campanaria, ci sono gli elementi canonici, per esempio l’orientamento dell’abside a est, a oriente, perché è là che sorge il sole ed è là che Cristo risorge. Ma prima di entrare nella chiesa e scoprire il suo straordinario ciclo di affreschi, restiamo ancora un attimo davanti alla facciata, osserviamo il portale e proviamo a metterlo in asse con l’abside. Non ci riusciamo, c’è un piccolo sfasamento.
"A Sant’Abbondio è tutto un trionfo di colori e di vivacità."
Forse le maestranze hanno preso male le misure?
M.C. No, anche questo è un significato voluto in tante chiese romaniche: la perfezione non è di questo mondo. Sarebbe un atto di superbia enorme disegnare una facciata perfettamente simmetrica. La simmetria è solo divina. E allora ecco che i maestri comacini, su indicazione dei monaci, introducono volutamente un errore di calcolo. Ma adesso entriamo, ci aspetta lo splendore degli affreschi.
Siamo di fronte a un capolavoro, eppure poco conosciuto.
M.C. Il ciclo di affreschi di Sant’Abbondio è uno dei più importanti nella Lombardia del ’300 ed è una meta imperdibile per chi voglia scoprire la bellezza del Lago di Como e della cultura che è sorta sulle sue sponde.
Chi sono gli artefici di questo ciclo?
M.C. Si tratta di affreschi realizzati probabilmente da una squadra di artisti, guidati da un capo bottega, come spesso succedeva all’epoca. Non conosciamo il suo nome, ma conosciamo il committente di quest’opera così importante, Leone Lambertenghi, vescovo di Como tra il 1315 e il 1324. All’epoca la lezione di Giotto si è già diffusa in tutta Italia, da Firenze a Padova, a Rimini e arriva anche a Milano, a pochi chilometri da qui. Il maestro di Sant’Abbondio, come si indicano genericamente gli autori di questi affreschi, ha sicuramente respirato la novità giottesca, cioè la vivacità della sua pittura che rompe con gli schemi della ferma e rigida tradizione bizantina. E lo si vede in ognuno degli episodi che compongono le storie di Cristo, dall’annuncio dell’Angelo a Maria all’incontro con Elisabetta, dalla nascita di Gesù all’adorazione dei magi, fino alla presentazione di Gesù al tempio, e così l’ingresso a Gerusalemme, il bacio di Giuda, le storie della passione e la crocifissione.
E ogni scena rientra in un’architettura complessa.
M.C. Sì, questo ciclo è spettacolare in tutta la sua decorazione, dai pilastri alla volta stellata. Le architetture della volta e dell’abside infatti sono accompagnate da finte architetture, per esempio le mensole su cui si affacciano gli apostoli, una diversa dall’altra, e anche qui sentiamo la lezione di Giotto. E sentiamo anche il ricordo dell’impero romano là dove gli artisti del ciclo di Sant’Abbondio dipingono finte lastre di marmo per infondere anche a una chiesa la preziosità degli antichi monumenti.
Come lavoravano questi artisti?
M.C. Lavoravano in squadra, ma riuscivano a creare un’immagine uniforme, come se l’artista fosse uno solo. Un’uniformità anche cromatica, perché i colori venivano macinati e distribuiti ai pittori da un unico artigiano. Anche le figure rappresentate avevano le stesse dimensioni perché gli artisti usavano sagome di cartone, i cosiddetti “patrones”, che permettevano di lavorare in contemporanea su diversi registri dell’affresco. Dobbiamo immaginare questi pittori che non solo lavoravano alacremente sui ponteggi, ma su quegli stessi ponteggi mangiavano per non perdere tempo. E a volte per la verità bevevano anche un po’ troppo. Le cronache hanno registrato anche qualche caduta per ebrezza.
Insomma una vita piuttosto rumorosa.
M.C. Certo, e chi di noi aveva un’immagine cupa e triste del Medioevo, si ricrederà. A Sant’Abbondio è tutto un trionfo di colori e di vivacità.